
Abstract
Il diritto di accesso agli atti riconosciuto ai Consiglieri comunali, espressione del principio di
Trasparenza, è regolato e disciplinato dall’art. 43 del Decreto Legislativo n. 267 del 2000, il
quale attribuisce ai Consiglieri il diritto di ottenere dagli uffici della Pubblica Amministrazione
le notizie e le informazioni in loro possesso utili all’espletamento e all’esercizio del mandato
consiliare.
La ratio del diritto attribuito ai Consiglieri comunali risiede proprio nel ruolo da essi ricoperto,
dalle molteplici funzioni svolte ed è intrinsecamente legato all’incarico consiliare.
L’accesso agli atti permette, infatti, ai Consiglieri comunali un miglior esercizio del proprio
incarico: ciò consente di valutare, con piena cognizione di causa, la correttezza e l’efficacia
dell’operato dell’amministrazione, nonché di esprimere, poi, eventualmente, nel Consiglio
Comunale un voto consapevole ed informato. In questo modo si manifesta come affermato
dal Consiglio di Stato l’espressione del principio democratico dell’autonomia locale e della
rappresentanza esponenziale della collettività, direttamente funzionale alla cura di un interesse
pubblico connesso al mandato conferito dai cittadini elettori piuttosto che all’interesse
privatistico e personale del singolo Consigliere[1]. Attraverso tale diritto si esprime, quindi, un
interesse pubblico che il Consigliere comunale esprime attraverso il proprio mandato.
Tuttavia, anche il diritto riconosciuto ai Consiglieri comunali incontra dei grossi limiti.
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